
All'ombra delle due torri si rinnova l'appuntamento annuale nell'oratorio della chiesa di San Bartolomeo per raccogliere fondi contro la Distrofia Muscolare.
L'esposizione, già organizzata gli anni scorsi con la collaborazione della pittrice Paola Mayer Pozzi verrà inaugurata il 24 Aprile alle ore 16.30. Resterà aperta al pubblico fino al 5 Maggio dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19.
Le somme ricavate verranno interamente devolute alla UILDM- Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare – sezione di Bologna. Via S.Leonardo,24/28 – 40125 Bologna
Contatti:
Il buffet per l'inaugurazione è stato offerto da: Salumificio Gottardi e Cantina di Bazzano
Cafè La Piazzetta – Via Vinazzetti, 1-A

“La disperazione”, “L’angoscia”, “L’attesa” .
Frutto di una mia esperienza personale, rappresentano la condizione, il disagio esistenziale di tre diverse donne rinchiuse all’interno di un carcere della capitale colombiana, Bogotà.
Incontrate in occasione di un laboratorio artistico, da me tenuto all’interno del penitenziario stesso, hanno trasmesso le loro sensazioni, la loro difficoltà a ricominciare a vivere, difficoltà amplificate dalle anguste mura che circondandole annientano ogni forma di speranza.
“La disperazione”.
Il disprezzo per la propria vita che, all’interno del carcere, non sembra offrire più alcuna via d’uscita. “Se la vita è questa, l’unica soluzione è distaccarsene, abbandonandola lentamente con rassegnazione fatale.”
“L’angoscia”.
La sensazione di disagio verso il mondo, la paura, “presagio di una catastrofe”, di sbagliare ancora nell’infinità di scelte imposte dalla vita, la cui incertezza rende immobili, sopraffatti.
“L’attesa”.
L’attesa del nulla, il momento più difficile : quando la vita”libera” sta per riaprirsi ma con la pesante consapevolezza di non averre più una strada da seguire, di non avere più nessuno, di essere rimasti soli..
Elaborazioni temporalmente distinte ma frutto di un medesimo percorso di ricerca artistica : L’etnicità, la ricerca delle radici i colori dei popoli, che seppur rappresentanti due luoghi così lontani esprimono entrambe la primitività e la purezza delle emozioni.
“L’india”.
Icona di una civiltà ormai quasi scomparsa : quella degli indigeni colombiani.
Relegata in una porzione di mondo riservatale dalla modernità, scruta con curiosità il mondo “nuovo” consapevole di non volerlo incontrare e impaurita dall’idea di doversi scontrare con esso e perdere la purezza della sua vita, l’unica in cui riconosce la vara civiltà.
Il Mamuthone di Mamoiada. Rappresentante di un rituale che conserva ancora un fascino antico e misterioso, nella serietà e forza delle nere maschere lignee, nel suono rude e il ritmo primitivo della danza e dei campanacci.
Una tecnica magica atta a intervenire nel paesaggio tra l’inverno e la primavera sulle forze produttive della terra.
Lo sguardo profondo lancia una “Sfida”, nascente anche qui dall’insicurezza e dal pericolo, per tutti i propositi di controllo delle popolazioni sarde, in particolare di quelle zone interne e m montanare più resistenziali e conservatrici.