Due nuove linee di ricerca nell’ambito delle distrofinopatie sono rappresentate dal blocco della risposta infiammatoria e dall’inibizione del proteosoma, un complesso multienzimatico che degrada le proteine anomale. La degenerazione muscolare nella distrofia è infatti esacerbata dalla risposta infiammatoria endogena e dall’incremento dello stress ossidativo. Un ruolo centrale è giocato dal fattore nucleare-kappa B (NF)-kB, il quale viene fortemente attivato dallo stress ossidativo con conseguente incremento dell’espressione delle molecole infiammatorie come IL-1β, COX-2 e TNF-α, fattori coinvolti nella patogenesi della distrofia muscolare e nella promozione della distruzione muscolare.

Secondo uno studio italiano pubblicato nel 2009 (Sonia Messina e collaboratori), l’inibizione del fattore nucleare (NF)-kB attraverso l’utilizzo di una sostanza antiossidante, ha fatto registrare effetti benefici nel topo mdx , il modello murino affetto da distrofia muscolare. Questa sostanza è il flavocoxide, un mix di estratti di flavonoidi, che presentano proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e inibenti il fattore (NF)-kB, con conseguenti benefici effetti sul topo mutato.

Il mix è stato paragonato al metilprednisone, il “gold standard” per il trattamento dei pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne. Un topo mdx di 5 settimane è stato trattato per 5 settimane con flavocoxide, metilprednisone o  con un placebo. La somministrazione di flavocoxide ha determinato un miglioramento delle proprietà funzionali sia in vivo che in vitro, una riduzione del CPK, una riduzione dell’espressione dei marker di stress ossidativo e dei mediatori dell’infiammazione, un’inibizione del fattore (NF)-kB e dell’attività mitogena delle proteine chinasi, una riduzione della necrosi muscolare e un miglioramento della rigenerazione.

Da questo studio si evince che il flavocoxide è più efficace del metilprednisone nel topo mdx. L’evidenza supporta l’ipotesi che il flavocoxide con i suoi molteplici effetti può rappresentare un razionale approccio farmacologico per limitare il danno muscolare nelle distrofinopatie. Questo componente potrebbe essere incorporato nella dieta dei pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne, nei casi in cui la somministrazione di corticosteroidi determina degli effetti avversi.

Inoltre il flavocoxide, dal momento che ha un meccanismo d’azione parzialmente simile, potrebbe essere dato in associazione al corticosteroide migliorandone l’efficacia o addirittura preferito nei pazienti che sviluppano reazioni avverse conseguenti all’uso cronico di cortisonici. Studi comparativi potrebbero essere eseguiti sull’uomo per giudicare i benefici effetti di entrambe le terapie sole o combinate.

Il secondo studio che segnaliamo è stato pubblicato recentemente (aprile 2010) dall’Unità di malattie neuromuscolari e neurodegenerative dell’Istituto Gaslini di Genova (Elisabetta Gazzero, Stefania Assereto e collaboratori). Secondo questo lavoro, il Velcade - un farmaco già approvato per il trattamento del mieloma multiplo dal Food and Drug Administration (l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici) e dall’Agenzia Europea del Farmaco -, sarebbe in grado di inibire il proteosoma MG-132, l’“inceneritore cellulare” che tiene pulita la cellula eliminando le proteine difettose e vecchie. Questo permetterebbe di localizzare nella membrana cellulare la distrofina, cioè la proteina deficitaria o assente rispettivamente nella distrofia muscolare di Becker e nella distrofia muscolare di Duchenne.

Il Velcade mostra una selettiva e alta affinità per il proteosoma, inibendolo. Inoltre è efficace nel ridurre l’attività del fattore nucleare-kappa B (NF)-kB, che abbiamo visto essere coinvolto nella risposta infiammatoria delle miopatie e della distrofia muscolare. Si è potuto appurare che nei topi affetti trattati con Velcade l’inibizione proteosomica induce un incremento delle fibre muscolari del 25% e determina una riduzione significativa del numero delle cellule che vanno incontro a morte. Un altro parametro valutato per considerare la reale efficacia di questo farmaco è il valore delle CPK (creatinchinasi), che risulta sempre aumentato nei soggetti affetti (e anche nel modello murino malato): nei topi trattati con Velcade si assiste, dopo due settimane di trattamento, a un decremento dei valori di CPK pari al 90%.

Per quanto riguarda lo studio effettuato su muscolo umano, proveniente da biopsie di pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne e di Becker, si è giunti al seguente risultato: nel muscolo di pazienti affetti da distrofia muscolare di Becker il trattamento con Velcade determina una significativo aumento dell’espressione di distrofina; per quanto riguarda la distrofia di Duchenne, su otto pazienti sottoposti al trattamento in sei si è avuto un incremento dell’espressione della distrofina. E’ interessante notare che i due pazienti che non hanno risposto al trattamento mostravano un severo danno muscolare con un’alta sostituzione delle fibre muscolari con tessuto fibrotico-grasso. Questo suggerisce che il trattamento con inibitori del proteosoma deve essere iniziato a uno stadio iniziale della patologia. Quindi questo farmaco ha un ulteriore vantaggio rispetto al flavocoxide: oltre a bloccare la risposta infiammatoria determinata dal fattore (NF)-kB, riesce a prevenire anche la distruzione della distrofina.

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